28 Gennaio 2020
di Carlo Santini
Quella sassata di 106 anni fa.

Nella settimana tra il 7 e 14 giugno del 1914, Ancona fece da detonatore alla Settimana Rossa, uno dei momenti storici più importanti degli inizi del secolo scorso.

Fu una settimana di sangue e di fuoco, la cui scintilla fu causata dall’uccisione da parte dei Carabinieri di tre giovani che uscivano dalla riunione di anarchici, socialisti e repubblicani della Villa Rossa. I fatti sono storia, basta cercare sul web. Riassumendo, per molte settimane la rivolta si allargò a tutta Italia, con agitazioni e scioperi soprattutto nelle Marche e in Emilia Romagna. I disordini furono tali che si fu davvero sull’orlo di una insurrezione generale, con il paese a cavallo tra una guerra, in Libia, che era ufficialmente terminata ma che non lo era poi completamente; ed un’altra, questa forse più terrificante – se l’orrore di una guerra si potesse graduare, di cui si stavano per sentire i primi colpi. Che cosa c’entrano i moti rivoluzionari della Settimana Rossa con una casa di tufo costruita 20 anni dopo in mezzo alle montagne dell’ascolano? C’entrano il pezzo di carta che vedete in cima a questo post.

Come ogni serio moto rivoluzionario, il bersaglio principale era l’ordine costituito che all’epoca faceva rima con preti e carabinieri.  

Nel giugno del 1914 mio nonno aveva da poco compiuto 30 anni ed era stato trasferito da circa 3 mesi dall’Abruzzo alla Legione Carabinieri di Ancona. Uno dei principali compiti affidati ai Carabinieri, oltre a quello non proprio encomiabile di prendere a manganellate e pistolettate anarchici e socialisti, era quello di proteggere coloro che partecipavano alle funzioni religiose perché i disordini, già prima del giugno di quell’anno, si stavano espandendo anche ai luoghi di  culto. 

Mio nonno fu inviato in una frazione di Ancona, che si chiama Pinocchio, proprio ad evitare che gruppi ‘di giovinastri’ disturbassero le funzioni religiose. Fu lì, come c’è scritto nel verbale che trovate qui a fianco, che qualcuno dei giovinastri pensò bene di tirare una bella sassata a mio nonno. 

Poteva essere un’altra chiesa, in una qualsiasi altra località di Marche o di Abruzzo ma fu proprio la Chiesa di San Michele Arcangelo, nel quartiere Pinocchio di Ancona. In quel quartiere, 54 anni dopo, mio padre prese in affitto una casa e in quella Chiesa fui battezzato l’anno successivo; e non c’era alcun motivo per cui decine di anni dopo mi trovassi a passare negli stessi luoghi dove era passato per un solo attimo, per caso, mio nonno, lasciandone una traccia. 

Certo, che prendere un encomio per una sassata…vabbè, va…