Di questi tempi, di cose da fare ne ho. Ma un’oretta, quando posso la passo a rovistare tra la montagna di carta quasi polverizzata dal tempo, conservata dentro qualche cassetto nella Casa sul Ponte. E se ne trovano di cose strane.
L’immagine di copertina di questo post è una di queste. Si tratta del Protocollo del Comando Manipolare del Comune di Roccafluvione degli anni 1928-1931 che aveva proprio la sede in una casa di fronte al Ponte. Ora, come fa a stare qui? Ci sta perché mio nonno, dopo poco più di 20 anni di servizio nei Reali Carabinieri di Sua Maestà ‘Sciaboletta’, se ne era ritornato al paesello e da buon pensionato dello Stato, a 39 anni (leggasi ‘trentanove’) invece di mettersi a guardare un cantiere, si infilava in tutte le attività socio-politico-religiose che riusciva a trovare. Vi anticipo: era un baby-pensionato, certo, ma di quelli che s’era beccato un paio di terremoti in Calabria, quello devastante di Messina nel 1908, l’eruzione del Vesuvio del 1906 (che fu la peggiore del secolo scorso – causò centinaia di morti), oltre ad essersi fatto un paio di anni di fronte nella Grande Guerra, con un paio d’occasioni in cui aveva anche rischiato di lasciarci la pelle.. Insomma, un baby-pensionato di quelli ‘seri’. Al suo ritorno al paese, nel 1923 non poteva stare a girarsi i pollici: quindi, tra le altre cose, aveva aperto una produzione di bibite, era diventato Presidente della locale Associazione dei Cacciatori, s’era messo a coltivare patate, pomodori e zafferano, e… era diventato capo del locale Manipolo della Milizia, di cui s’era fatto piazzare la sede vicino casa, per non fare troppa strada (si sa , a 40 anni, cominciano i primi acciacchi).
Il Protocollo: uno spaccato di Piccola Grande Storia.
Questo quadernone è l’unico che ho trovato, forse perché solo in quegli anni mio nonno è stato a capo del Manipolo o forse perché gli altri quadernoni sono andati perduti. Fatto sta che nel centinaio di pagine di cui è composto il quadernone, si trova un po’ di tutto, comprese alcune storie che ben inquadrano la vita dell’Italia di paese del ventennio. Quella della gallina e dell’offesa al Duce, ad esempio, sono emblematiche. Qui in fondo trovate gli scatti che ho fatto. Non ho cancellato i nomi perché si tratta di storie i cui protagonisti hanno lasciato questo mondo da molti decenni, oltre al fatto che non mi stupirei se le colpe che sono state loro attribuite fossero prive di qualsiasi fondamento, a parte la follia della regola da cui queste colpe scaturivano.
La gallina trafugata e ritrovata.
Comunque, dalla nota, pare certo che una gallina fosse stata trafugata e il colpevole sbattuto in galera: il rapporto non da adito a dubbi. I militi che con solerzia procedettero all’arresto, effettuarono così accurate indagini che già il giorno dopo il furto, avvenuto intorno alle 20:00 del 25 settembre 1928, il pericoloso furfante di anni 68 (che probabilmente aveva lo stomaco vuoto) era già nelle locali carceri a scontare la pena. Mi vedo davanti la scena dal Pinocchio di Comencini con il giudice Vittorio De Sica e il suo copricapo nero funereo, assistito da paffuti RR. CC. con pennacchio di ordinanza, che indica la porta della cella.
Il muratore tradito.
Ma ci sono altri episodi che fanno meno ridere tipo quello che muratore ascolano a cui non è stata risparmiata la sua frase poco riguardevole nei confronti di S. E. il DVCE. Qualche solerte e militante contadino a cui l’apprezzamento nei confronti del Capo del Governo non era piaciuta, aveva fatto il suo bell’atto di delazione; o magari aveva subito un torto dal muratore e trovato la maniera migliore per fargliela pagare. Risultato: 6 mesi di reclusione, 600 lire di multa e spese processuali da pagare, solo per quel:”Abbasso Mussolini, quel carbonaio figlio di brigante”. Una frase più da docente universitario che da muratore marchigiano: il che fa già immaginare come davvero fossero andate le cose.