C’è stato un periodo nella storia dei Monti Sibillini dove tutto è iniziato, una specie di spartiacque che ha diviso la leggenda dalla storia; questo periodo ha a che fare con uno dei protagonisti della nostra Europa e in genere del pensiero occidentale: San Francesco d’Assisi.
Con il frate di Assisi, i cui primi discepoli provenivano, quasi tutti delle Marche meridionali, si è tornato a parlare dei Monti Tetrici, che ormai aveva perso il loro nome latino ed erano conosciuti con i nomi che gli avevano dato i montanari che lì vivevano, nomi che che poi non sono molto diversi dal significato originale e si sono conservati fino ad oggi: Orrido dell’Infernaccio, Val dell’Inferno, Valle scura, Monte di Morte, Passo Cattivo, Passo delle Streghe.
A cavallo tra il XIII e il XIV secolo si scatenarono dispute filosofiche che videro protagonisti gli Spirituali (dispute che sono l’oggetto de “Il Nome della Rosa” di Eco) e spinte inquisitorie di cui fecero lo spese oltre che i fraticelli, anche Cecco d’Ascoli e tanti altri chierici e laici accusati di negromanzia. Molti dei fatti che venivano contestati ai presunti eretici, riguardavano proprio riti e superstizioni, vecchi di secoli ma che non potevano che essere repressi dall’ordine costituito. Tuttavia, l’aspra lotta al sistema ecclesiastico che alcuni seguaci del Santo di Assisi aveva iniziato a combattere, riportò in luce proprio queste montagne, perché era qui che molti dei suoi abitanti da tempo praticavano stregonerie che avevano protagoniste deliziose fanciulle con piedi caprini che si trasformavano in diavoli pronti a strapparti l’anima. Per quanto sia stata forte la repressione, ancora nel XVI secolo si cercava di ridurre all’obbedienza folle di genti in odore di eresia. I risultati non sono stati così eclatanti se ancora oggi, su queste montagne, si perpetuano riti e si tramandano saperi poco ortodossi: il tutto, ovviamente, per via femminile.