Un Ponte per la Pace

Un Ponte per la Pace

Giochi di carte proibiti.

Parlare di Pace di questi tempi è un po’ complesso o forse troppo semplice. Ad eccezione di qualche psicolabile, tutti vorremmo in un mondo tranquillo, dove i conflitti fossero gestiti in maniera civile. Il problema è il prezzo da pagare per avere quale tipo di pace. In ogni caso, qualsiasi occasione che permetta di confrontarsi su una questione come questa, va bene: parlarne, è meglio che starsene in silenzio.

Il prossimo 22 aprile, in occasione dell’Earth Day 2022 proprio qui sotto al Ponte ci sarà una giornata di confronto organizzata da Maurizio Bargiacchi, proprio su questa questione; e spero che l’influenza benevola del Ponte, un ponte che per una volta non è stato creato dall’uomo e che quindi l’uomo farebbe fatica a distruggere, serva ad accrescere la consapevolezza che la Pace, per sua stessa natura, è un concetto un po’ complesso anche se di per sé molto semplice.

Due pietre non sono…

Due pietre non sono…

Se chiedete a qualcuno in paese come si sia formato Ponte Nativo, vi dirà che tanti tanti anni fa due rocce, una di tufo e una di pietra, si sono incastrate per un qualche motivo.

In realtà le cose non stanno proprio così.

Se scendete al fiume e arrivate fino sotto al Ponte (fatelo in estate, così non dovrete nuotarci dentro, l’acqua è gelata) ve ne potete rendere conto. Le foto che ho scattato (soprattutto l’ultima, che ho schiarito per rendere pù evidente quello che leggerete fra poco) rendono giustizia a quello che sostengono i geologi e che è più o meno questo.

Alla fine dell’ultima glaciazione, circa 10.000 anni fa, i ghiacci che si scioglievano cominciarono a scavare il tufo (tecnicamente, l’arenaria) decisamente più friabile di altri tipi di roccia. Così, nacque il Fluvione, che è il risultato di due azioni: la prima, quella della terra che alzandosi per via dei terremoti si spostava verso il monte Vettore; e dell’acqua dei ghiacci che scavava, molto più rapidamente, l’arenaria. In prossimità del Ponte, l’arenaria si dimostrò più resistente dell’azione corrosiva dell’acqua e formò la parte che vedete a sinistra nelle foto. L’acqua trovò invece vita facile nella parte più in basso, ma mentre scavava, depositava sulla destra frammenti di rocce calcaree (per intenderci, quelli che si staccavano dal Monte Vettore e dai Sibillini meridionali da dove nasce il Fluvione). I frammenti si consolidarono e si saldarono con l’arenaria che aveva resistito all’azione del torrente. Se quindi la parte sinistra del Ponte potrebbe assomigliare ad una grande roccia, quella destra è un mosaico di calcare.

Certo, la storia che si racconta sulle due rocce è forse più affascinante: scegliete pure quella che più vi piace.

Ultima notazione: dalle foto è evidente come il Ponte non sia tutta opera della natura: guardate l’arco su cui poggia la Chiesetta, dalle foto è evidente come non sia certo opera di ghiacciai e terremoti.

Tana libera tutti!

Tana libera tutti!

“IL LETTO DEL FIVME SOTTO PONTE NATIVO NON È LUOGO IMMUNE. S. CONG. IMM. 1755”. La piccola lapide che si trova alla base dell’arco di sinistra, scendendo dalla provinciale 237, prima di passare sopra il Ponte, suona come una minaccia, e in effetti lo è. Basta leggere la firma.

S. CONG. IMM. sta per Sacra Congregazione dell’Immunità, una delle tante congregazioni della Curia Romana, istituita nel 1626 da Urbano VIII (il non troppo amichevole giudice di Galileo Galilei). Lo scopo della Congregazione delle Immunità era quella di risolvere le questioni che vedevano confrontarsi norme laiche e norme canoniche. Nel caso della lapide, questa sanciva che  nascondersi sotto il Ponte – che aveva un tetto ‘Santo’ visto che sopra era stata costruita la Chiesa di Sant’Antonio – non bastava ad evitare la gattabuia.

Evidentemente, non erano pochi i briganti che se ne stavano comodi sotto il Ponte, in attesa che le guardie papaline  si stancassero o che la notte consentisse loro di svignarsela. È questa una straordinaria testimonianza della grande diffusione del brigantaggio in queste zone, un fenomeno che inizierà a metà del secondo millennio e durerà almeno fino alla fine del XIX secolo e vedrà protagonisti personaggi, come Sciabolone o Giuseppe Piccioni, di volta in volta pronti a prendersela contro gli eserciti napoleonici o le guardie del Papa; i latifondisti della zona o l’esercito unitario: con la loro azione hanno caratterizzato la vita di questi luoghi per secoli. Avrò modo di raccontarvi qualcosa a riguardo.