Sentirli chiamare “Mazzamurelli” fa un po’ ridere. Italianizzare le parole dialettali crea spesso dei veri obbrobri. Chi li ha sempre chiamati Mmazzamëriéllë pensa siano altro che quello che gli hanno insegnato, e cioè una specie di nanetto scattante e vestito a festa che se ne va in giro di notte a dar fastidio a chi si è comportato male e a far sorridere chi non ha niente da farsi perdonare.
Sull’etimo, non perdo tempo. Anche se il nome ha qualche vaga assonanza con chi fa strage di mori, da queste parti li hanno sempre considerati quelli che danno botte sui muri e va bene così. A me serve per raccontarvi di quella volta che assieme ad un mio amico, che di sicuro legge questo blog, organizzai una cena a tema di mmazzamëriéllë con ospiti ignari, molto sereni all’inizio, un po’ meno alla fine.
Il piano era più o meno questo: 1) passare le settimane precedenti alla cena parlando di strane presenze che si erano manifestate nella Casa sul Ponte; 2) condire i racconti con demoniache apparizioni che poi negli anni si erano dissolte; 3) registrare un CD presso uno studio di registrazione con colpi di mmazzamëriéllë alle pareti, porte che sbattono e frasi dette al contrario; 4) posizionare un adeguato sistema di diffusione del suono in tutte le stanze, in maniera che dovunque si trovassero gli ospiti potessero sentire; 5) godersi lo spettacolo.
Il piano riuscì quasi perfettamente, anche se devo dire che un paio di imprevisti resero non completamente credibile la messinscena. Non furono pochi quelli che rimasero impigliati nella rete (qualcuno mi sta leggendo); qualcuno si scaraventò per le scale battendo un paio di record mondiali di corsa campestre; altri si agitarono solo un po’; molti, purtroppo, non rimasero bene impressionati dallo scherzo e sparirono dalla circolazione e non ne ho avuto più notizia..
Per questo, nel caso vi venisse in mente di replicare l’esperienza, un consiglio: non lo fate.