Il Castellano è il secondo fiume che bagna Ascoli Piceno (anche se lo chiamano ‘torrente’). Ci arriva dopo aver lambito l’Abruzzo, tra cascate, balze e precipizi. Rude almeno quanto le montagne da cui nasce, forse prende il nome da un altrettanto rude rupe sulla quale si erano fortificati i Longobardi, dando vita ad un gastaldato (l’attuale Castel Trosino, prime due foto qui a lato), che doveva controllare i duchi di Spoleto, che poi non avevano tutta questa predisposizione a rispettare le direttive dei loro re. Da Castel Trosino, i re longobardi controllavano anche la città di Ascoli Piceno, che non faceva parte del Ducato di Spoleto e che quindi era sottoposta al controllo reale.
Castellano ci si è chiamato dopo la metà del primo millennio del nostro tempo: prima lo si chiamava Fiume Verde, forse per lo zolfo che usciva dalle montagne da cui il fiume nasceva; ma Fiume Verde lo si è continuato a chiamare anche nel basso Medioevo, tanto che Dante e Boccaccio usavano proprio questa dizione.
Mio padre, che da giovane era vissuto sul Colle San Pietro, nella “Casetta Rossa” (cliccate qui per vedere la localizzazione dei ruderi della casa), un poggio proprio sopra il Castellano, conosceva praticamente solo questo fiume e molto poco il Tronto. Al Castellano ci si andava a prendere l’acqua quando, d’estate, la vena vicino la casa si asciugava; a fare il bagno o a lavare i panni. Erano parecchie centinaia di metri a scendere e altrettante a salire.
Ma il Castellano è stato anche la forza motrice che ha dato vita alla Cartiera Papale, fatta sistemare da Giulio II nel 1512, ma attiva da secoli. Il termine “carta” e rimasto nella toponomastica: Porta Cartara, Borgo Cartaro per finire con lo stesso edificio della Cartiera Papale. La cartiera, in effetti è stato anche molto altro: ne parlerò in un altro post.
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