Occhi azzurri e proteine.

Occhi azzurri e proteine.

A sinistra mia zia Rita che tiene per mano mia madre in versione ‘mostrino’. La foto deve essere stata scattata proprio durante l’ultima guerra.

Nei racconti che si facevano intorno alla tavola dei giorni di festa ce ne erano alcuni che ricorrevano spesso, specialmente verso fine del banchetto, quando l’alcool cominciava a rendere più fluide le parole dei contastorie. 

Il gruppo di storie più richiesto riguardava la ritirata della Wehrmacht sulla direttrice che da Ascoli Piceno porta a Comunanza, Amandola, Sarnano fino a Macerata, la vecchia Salaria Gallica, insomma. Era da poco iniziata l’estate del 1944 quando la X Armata cominciò a risalire la valle del Fluvione, dopo aver eseguito rastrellamenti, stragi e saccheggi, nei mesi invernali.

La casa dei miei nonni fu scelta per settimane come comando di qualche divisione, forse la 114 dei Cacciatori, forse perché mio nonno era podestà del Paese, quindi l’autorità che poteva aiutare i tedeschi a far rispettare l’ordine di cui tanto avevano bisogno.

I miei zii ricordavano che a differenza di molte case intorno, la loro non fu soggetta a troppi danni, almeno fino a quando il comando non tolse il disturbo. Non erano pochi i reparti tedeschi che se ne andavano saccheggiando i casolari sparsi per le colline o addirittura le case del paese.

Anche a casa di mio nonno spesso arrivavano manipoli di tedeschi.

I miei zii raccontavano che vedevano piccoli gruppi di soldati percorrere il vialetto di casa, quasi di corsa, per poi bloccarsi sulla porta e schizzare all’indietro come pallottole di fucile. Il comandante aveva scritto qualcosa su un pezzo di carta intestata che poi aveva fatto affiggere sul portone: credo proprio non ci fosse scritto “Willkommen!”. 

Fino a che il comando non si ritirò con il resto dell’esercito, la casa e i suoi abitanti non subirono danni, anche se non fu sempre così semplice scamparla.

Un giorno, ad esempio, mia zia Rita, che al tempo aveva 9 anni, si trovava nel retro della casa ad accudire polli e galline oltre che il maiale che costituiva l’ossatura alimentare annuale per le 9 persone della famiglia, quando un soldato tedesco, che evidentemente non era passato dal vialetto, ma da dietro, dal Ponte, sentì il maiale grugnire e si precipitò in direzione del prezioso rumore.

Mia zia che si era nascosta venne allo scoperto, nel tentativo di fuggire e rientrare in casa, come le era stato detto di fare in quei casi.

Il soldato la bloccò per le braccia e strabuzzò gli occhi :”Bambina bionta, ochi azzuri, tu come mia figlia, la mia figlia, in Cermania.”, poi scoppiò in lacrime. Rita rimase paralizzata dal terrore. Il tedesco, sempre piangendo, risalì lo stradello che portava all’ingresso della casa tenendo mia zia per mano e dopo aver gettato uno sguardo al foglio affisso sul portone, sempre piangendo risalì il vialetto e sparì.

Il maiale era salvo (almeno fino al dicembre di quell’anno) e con lui buona parte del supporto proteico di 9 persone per tutto il 1945; e tutto per un paio di occhietti cerulei e dei capelli biondi.

Memori di quello che era successo, il suino fu trasferito in mezzo ai boschi, di notte e lì rimase fino a che i tedeschi non lasciarono il paese.